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Dl banche: modifiche al ‘salva-risparmio’

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Il Senato ha introdotto una serie di modifiche al decreto ‘salva-risparmio’, che ha registrato il primo via libera in aula con 157 sì al primo voto di fiducia chiesto dal governo Gentiloni, tra le proteste delle opposizioni, in particolare della Lega. In sostanza si prevede più tempo (fino a maggio) a disposizione dei risparmiatori delle banche assorbite, per chiedere i rimborsi e anche una maggiore diluizione dei vecchi soci e obbligazionisti di Mps e delle altre banche, come probabilmente le due venete, che chiederanno il sostegno pubblico.

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Disposta anche la gratuità di tutte le spese di istruttoria a carico delle banche.

Intanto a sollevare polemiche in Parlamento è stato anche il compromesso sulla ‘black list’ dei debitori delle banche in crisi, dei quali saranno pubblicati i soli profili di rischio. Tra le principali novità dunque arriva la lista dei profili di rischio dei debitori di chi ha ricevuto prestiti sopra l’1% del patrimonio netto delle banche che chiedono il sostegno pubblico, ma non i nomi. Niente riacquisto per i bond comprati dopo il 2016.

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Prevista anche una misura anti-speculatori, con un limite al riacquisto delle azioni che il risparmiatore ottiene con l’applicazione del burden sharing fissato al prezzo di acquisto dei bond subordinati, non al loro valore nominale.

Per calcolare il valore delle azioni si dovrà tenere conto, nel caso di istituti quotati, delle eventuali sospensioni di Borsa, come nel caso di Mps. In casi specifici sarà possibile anche l’azzeramento dei bond seguito dall’assegnazione di azioni, anziché la conversione.

Introdotto anche uno sconto maggiore per lo Stato, con conseguente maggiore diluizione per vecchi azionisti e obbligazionisti per i quali non è prevista una compensazione. 

Inoltre, cambiano i termini per il versamento del canone in capo a tutte le banche che trasformano le Dta, le imposte anticipate qualificate, in crediti d’imposta.Il canone è dovuto fino al 2030. Prevista anche per le Bcc la piena trasformabilità delle Dta, derivanti dalle svalutazione dei crediti fino al 2015, in credito d’imposta. 

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