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“Ho imparato a superare i miei limiti”.L’intervista ad Andrea Larossa, coreografo e ballerino

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Da una cameretta a guardare le videocassette di Michael Jackson allo Stadio di San Siro con Laura Pausini, è ciò che è successo ad Andrea Larossa, classe 1992, tra i più giovani e promettenti ballerini e coreografi italiani. Il suo curriculum può già vantare nomi importanti come Ricky Martin, Clean Bandit, Bob Sinclair, Will I Am fino alla stessa Pausini con cui ha collaborato per il suo tour negli stadi e il programma “Laura & Paola”, per proseguire con collaborazioni all’estero e in Italia con i talent show più di spicco. Siamo riusciti a scambiare qualche battuta con questo giovane talento nostrano per conoscere il suo percorso e il suo sogno di trasferirsi in America per lavorare con i più grandi show d’oltreoceano. 


Ricordi la tua prima volta in una sala di danza?
Si è anche molto bene. Iniziai i miei studi a 11 anni presso la scuola Danzamania a Trezzano sul Naviglio, con una lezione di Hip Hop. Ricordo la difficoltà che un ragazzino abituato a ballare nella sua cameretta, da solo e inosservato, sulle note di Micheal Jackson ha dovuto affrontare a ballare in mezzo ad una classe di sole ragazzine una vera coreografia. Ero terrorizzato di fare una figuraccia. Ma alla fine superai quella sorta di paura e piano piano mi sciolsi, cercando infine di fare ballare il meglio possibile per fare colpo su tutte quelle ragazzine.
Quanta gavetta hai fatto prima di arrivare a lavorare nel mondo della danza? Premetto che sono stato molto fortunato perché iniziai a lavorare molto giovane, per la precisione a 18 anni appena compiuti feci il mio primo programma sulla Rai con Lorella Cuccarini; però prima di essere stato selezionato, come ogni artista, ho fatto quel periodo dove studio e tanti piccoli lavoretti anche non pagati erano all’ordine del giorno. Per me durò all’incirca un paio d’anni, ma continuo a vedere tutto quello che faccio come una sorta di gavetta per riuscire sempre a migliorare ed essere al meglio delle mie possibilità.

Hai ballato in moltissimi talent italiani e con artisti internazionali come Clean Bandit, Bob Sinclair, Ricky Martin, c’è qualcosa che più ti ha stupito o hai imparato da questi grandi? Ricordo moltissimo ogni performance fatta con ognuno di questi fantastici artisti e se dovessi isolare un lezione di vita che ho appreso da queste esperienze è quella che tanti di loro sono persone anche molto diverse da quelle che noi idealizziamo, ovvero persone normali che come tutti possono avere problemi nella loro vita privata, però quando salgono sul palco tutto questo scompare. Ed è proprio questo che ho imparato, a lasciare tutto quello che non c’entra con il mio lavoro fuori da esso e specialmente essere sempre al massimo una volta arrivati sul palco.

Fino ad arrivare al tuo lavoro di assistente coreografo per Laura Pausini con il Simili Tour negli stadi. Come è nata questa collaborazione? Questa collaborazione nacque prima del Simili tour, ovvero in occasione del programma televisivo “Laura & Paola” con le coreografie di Jonathan Redavid, a mio parere uno dei più promettenti coreografi italiani che abbiamo nel mondo. Ebbi l’onore di ricevere una chiamata da lui, dove mi chiedeva di assisterlo alle coreografie di questo varietà. Ovviamente accettai e dopo il programma Laura decise di mantenere lo stesso cast artistico e creativo per il suo imminente tour, fu questa l’origine della collaborazione al Simili tour.

Lo stadio o la tv? Quale dimensione preferisci? Senza ombra di dubbio lo stadio. L’emozione che si prova a ballare live davanti ad oltre 50.000 persone è un qualcosa che la televisione non riesce a darti. L’eccitazione e la carica che si ha su un palco del genere è qualcosa che ti rende quasi invincibile, senti che non c’è nulla al mondo che in quel momento possa abbatterti. Quindi assolutamente direi “stadio”.

“Dance Dance Dance” è un programma che hai fatto sia in Italia come coreografo, sia in Olanda come ballerino, come sono andate le due esperienze? Dance Dance Dance è un importante periodo della mia vita, perché mi ha fatto crescere tanto come artista, perché mi sono ritrovato a dover sempre mettermi in sfida con me stesso con i miei limiti, in quanto è un lavoro molto impegnativo sia mentalmente che fisicamente. La prima stagione per me fu in Olanda, dove mi ritrovai ad essere l’unico italiano in mezzo a tanti fortissimi ballerini stranieri. Quindi mi sentivo in dovere di portar alta la nostra bandiera e questo è voluto dire essere “sempre sul pezzo”. Mentre la versione italiana mi ha visto come parte del team creativo, e lì mi sono trovato ad dover insegnare ed essere un buon coach per altri ballerini professionisti e specialmente per i concorrenti. Esperienze che mi hanno fatto vedere con un’altra ottica quello che fino allora vedevo solo come ballerino standard. Però entrambi l’edizioni mi hanno fatto entrare in contatto con tantissime persone, e stringere fortissime amicizie, che al giorno d’oggi sono ben presenti nella mia vita. Rifarei tutto altre cento volte.

Prossimi progetti? Ho sempre sognato di trasferirmi in America per coronare l’obiettivo di lavorare con tutti i grandi artisti che seguo da quando sono piccolo. Ho sempre cercato di realizzare i miei sogni. Ci sto lavorando e sono positivo perché diciamo che mi piace essere ottimista al massimo delle mie possibilità.

Redazione ART-News : Carmen De sio

c.desio@art-news.it – Twitter:CarmenDeSio

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