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Largo alla creatività

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Regista, autore ed ideatore. Nel cassetto anche un sogno quello di diventare una rockstar. Forse quel sogno non l’ha realizzato, ma Duccio Forzano, classe 1960, è riuscito a realizzarne un altro: quello di diventare uno dei registi più importanti, richiesti ma soprattutto creativi del panorama italiano.

Duccio è una persona che ti guarda dritto negli occhi quando ti parla, e gli riesce naturale dal momento che lui è uno di quelli che cattura le immagini che lo circondano e mentalmente le sta già ricostruendo in un suo ordine per poter poi creare un qualcosa di spettacolare. A Salerno ha ricevuto anche lui il Premio Mediterraneo per essersi distinto nel campo delle arti, e nello specifico per aver diretto il videoclip di Renzo Rubino “Sottovuoto”. Noi di Art-News siamo riusciti ad incontrarlo.

Regista di numerosissime trasmissioni tv di successo da “Stasera pago io” a “Che tempo che fa”, passando per la 64esima edizione del Festival di Sanremo. É stato contattato per dirigere Giovanni Floris su La7 nel nuovo programma “Di Martedì” cosa le ha fatto accettare questa nuova sfida?
Il voler crescere è la molla che mi fa accettare le nuove sfide che mi vengono proposte, non dimostrare nulla che apparentemente sembra un qualcosa di puramente egoistico. Fare un programma, scrivere un qualcosa di diverso, ma soprattutto lavorare e frequentare persone nuove mi insegna sempre delle cose. Tutte queste nuove conoscenze poi le metto, ovviamente, al servizio del mio lavoro ed anche al servizio di nuovi trasmissioni che mi vengono proposte.

Hai diretto Fiorello in “Stasera pago io” e successivamente in “Revolution”. Lui è un mattatore nato, assolutamente imprevedibile, come si fa a stargli dietro?
Intanto è molto divertente. Rosario è totalmente imprevedibile e proprio per questo necessita di una grande concentrazione perché può sfuggirti da sotto il naso facendoti vivere anche dei momenti di panico. É capitato più di una volta, che al rientro dalla pubblicità non sapevamo dove fosse.

Sei un grande appassionato di musica e questo ti ha spinto più volte a cimentarti nel mondo dei videoclip musicali dirigendo anche i big come Claudio Baglioni, Ivano Fossati e Max Gazzè, senza però trascurare il mondo dei giovani emergenti come lo stesso Renzo Rubino e ultimo in ordine di tempo Andrea Balestrieri, che hai diretto nel singolo “Gocce” girato in una fabbrica. Cosa ti spinge a dire di si ad un progetto di talenti emergenti?
Dico di si nel momento in cui trovo davanti a me un interlocutore che mi dimostra passione per quello che fa. Non mi piace snobbare i giovani talenti solo perché prima ho diretto un nome importante della scena nazionale musicale italiana come può essere un Claudio Baglioni. Credo che i giovani abbiano un assoluto diritto ad avere una possibilità. Io non posso fare nulla di più che aiutarli nel dirigerli in un videoclip in questo caso, non posso promettergli nulla, però do tutta la disponibilità del mondo, in concomitanza con i miei impegni, per aiutare tutti coloro che vogliono dimostrare ciò che sanno fare.

A quindici anni volevi essere una rock star, mentre a ventisei anni, già sposato, facevi il rappresentante. Cos’è che ti ha fatto prendere in mano la tua prima videocamera?
Volevo diventare una rockstar, cantavo e suonavo in una band. Ho sempre avuto la passione per le immagini, ma non avevo le possibilità economiche di poter comprare una videocamera, dal momento che la cinepresa costava un bel po’ di soldi e sviluppare le immagini pure aveva un costo che io non potevo sostenere. Un bel giorno sono uscite le videocamere per i comuni mortali un mio amico me ne ha fatta provare una e da quel momento in poi è cambiata la mia vita.

Questa sera hai ricevuto il Premio Mediterraneo per esserti distinto nel campo delle arti. Pensi che oggigiorno c’è ancora spazio per una tv di qualità?
Si è assolutamente possibile. Non voglio essere presuntuoso ma “Che tempo che fa”, un programma che io dirigo, mi sembra un programma di qualità. La possibilità di farla c’è, bisogna avere anche il coraggio, tutto qui.

Parliamo di fuoriprogramma. Tu una volta ti sei reso protagonista di un fuoriprogramma salendo sul palco per stringere la mano a Dustin Hoffman. C’è stato, però, un momento durante le tue tante ore di regia in cui hai temuto per il peggio?
In realtà non lo penso mai. Passa talmente veloce il tempo quando c’è un problema in una diretta che tu non hai il tempo di pensare a come risolvere l’imprevisto. Quest’anno a Sanremo mi si è bloccato il sipario, la gente si appesa sul graticcio che si voleva gettare, e l’unica cosa che ho pensato veramente è stata che se non si fosse alzato il sipario avrei mandato cinque minuti di pubblicità e non avrei fatto il festival. A quel punto è inutile dannarsi, bisogna trovare la soluzione più ottimale, importante in questi casi è avere un team che lavora e rema nella stessa direzione.

Di cosa avresti voluto fare la regia che invece è stata di qualche altro collega?
Bene o male tutte le volte che sono stato contattato per uno show poi alla fine l’ho sempre diretto. Ci sono stati, però, programmi che avrei voluto fare ma ero troppo inesperto. Un grande conduttore televisivo nel 2003 “quest’anno faremo Sanremo insieme”, poi non se ne fece nulla e il mio primo festival lo feci nel 2010, ben sette anni dopo. Sono contento che sia andata così, perché probabilmente se l’avessi fatto all’epoca non avrei fatto un buon lavoro.

Marina Illiano

Email:  m.illiano@art-news.it

@marinailliano

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