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A Cernobbio confronto tra i principali leader dei partiti italiani

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Al Forum Ambrosetti il confronto fra i principali leader dei partiti italiani. Tutti in presenza a Cernobbio, con la sola eccezione di Giuseppe Conte che, in videocollegamento da Napoli, difende il reddito di cittadinanza che Meloni definisce “un fallimento” e che invece per lui sarebbe “folle abolire” perché ne va della coesione sociale. “Cancellarlo – aggiunge – è fare la guerra ai poveri”. Chiede che l’inflazione non sia una scusa per “politiche di austerity” e considera l’extra debito un’arma per “proteggere il tessuto sociale e imprenditoriale”.

Enrico Letta dal canto suo arriva per dire che il voto al Pd è “l’unico” per evitare che venga eletto il “blocco della destra”. E che il debito italiano è “un problema a livello europeo” e per l’Italia è “meglio avere un governo che sta nella serie A con Francia, Germania, Spagna” che uno che va “con la serie B Polonia, Ungheria”. Quindi, spiega il segretario Pd, meglio il governo del centrosinistra per cui il Pnrr è “la stella polare. Si può discutere, ma diciamo ‘no’ alle rinegoziazioni. Se ci mettessimo in un confronto con Bruxelles perderemmo soldi e prospettive per il futuro”. Al contrario “se vincesse la destra il 25 settembre sera brinderebbe in primo luogo Putin, poi Orban e poi Trump”.

Giorgia Meloni, presidente di Fratelli d’Italia, nel suo intervento si è soffermata soprattutto su temi economici e su politica internazionale, spiegando le sfumature delle sue posizioni nei confronti della Ue, dove tutti gli Stati “difendono i loro interessi”, giusto quindi che anche l’Italia lo faccia. Dice no allo scostamento di bilancio, propone di fare subito in Italia, senza aspettare l’Europa, lo scorporo del costo del gas e dell’elettricità. E ripete che “non può essere una eresia dire che il Pnrr non può essere perfezionato: è previsto nella norma”.

Il leader della Lega Matteo Salvini torna a difendere la flat tax, propone di spostare a Milano il ministero dell’Innovazione e soprattutto, dopo le polemiche, spiega la sua posizione critica sulle sanzioni verso la Russia, che considera deleterie per la nostra economia. “Andiamo avanti con le punizioni per l’aggredito, ma proteggendo i nostri lavoratori. Vincere le elezioni ereditando un Paese in ginocchio non sarebbe una grande soddisfazione”. Poi aggiunge: “Spero quindi che Bruxelles nelle prossime ore attui lo scudo”. Punto, quello dello scudo, che lo ‘riunisce’ al resto del centrodestra nettamente contrario ad allentamenti, con Antonio Tajani per cui le sanzioni sono “inevitabili” e Meloni secondo cui ne va della “credibilità” dell’Italia.

Il coordinatore di Forza Italia Antonio Tajani assicura che il centrodestra è unito e Forza Italia rimarrà nell’alleanza. “Noi – dice – siamo parte di una coalizione e resteremo nel centrodestra”. In sostanza dice no a possibili governi allargati dopo il voto.

Calenda spariglia le carte ma la sua missione dichiarata è “spezzare il bipopulismo che spacca l’Italia”, pronto a fare “il governo più largo possibile”. Salvo dire che Forza Italia non può candidarsi ad essere “una forza centrale e liberale” perché “ha sfiduciato Draghi”, attaccare il “trasformismo di Salvini” che se ne andava “per il Parlamento europeo con la maglietta di Putin”. Definisce “confuso chi pensa che la continuità con Draghi sia una che non lo ha mai votato” ovvero Meloni. Certo non c’è pericolo di “fascismo ma di anarchia” e invece ora ci vuole una “agenda di buon senso”, perché stanno arrivando “gli tsunami energia e tassi”.

 

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