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Alan Kurdi, agli scafisti responsabili della sua morte 125 anni di carcere a testa

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L’immagine del piccolo Alan ha fatto il giro del mondo. Il suo corpo di bimbo di tre anni, restituito dalla corrente e adagiato sulla battigia nei suoi abiti blu e rosso, è divenuto un simbolo, una questione urgente che ha scalzato via l’indifferenza legata ai flussi di migranti.

Era il 2 settembre 2015 quando il piccolo rifugiato siriano fu trovato morto su una spiaggia di Bodrum, sulla costa egea della Turchia. Da quelle coste era partito verso le isole greche ma il gommone sul quale viaggiava era poi affondato.

Nello stesso naufragio persero la vita altre 4 persone che erano a bordo, mentre 9 vennero tratte in salvo. I magistrati avevano individuato cinque sospetti responsabili della traversata, due siriani e tre turchi. I siriani erano stati già arrestati e condannati nel 2016 a 4 anni e 2 mesi di carcere ciascuno per “favoreggiamento dell’immigrazione clandestina”. Ora arriva la condanna della Turchia per i tre scafisti turchi: 125 anni di prigione a testa per “traffico di esseri umani” e “omicidio”.

I tre era rimasti latitanti, fino al recente arresto nella provincia meridionale di Adana, vicino al confine siriano. Condotti nel tribunale cittadino, sono stati giudicati stamani in videoconferenza dai giudici di Bodrum, dove si era svolto il processo.

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