Amnesty International via da Hong Kong, a causa della ‘legge sulla sicurezza’ imposta da Pechino
2 min readSi stringe sempre di più la tenaglia della repressione cinese su Hong Kong. Amnesty International ha infatti annunciato la chiusura dei suoi uffici nell’ex colonia britannica a causa delle pesantissime minacce a cui va incontro il personale in seguito all’entrata in vigore della legge sulla sicurezza nazionale imposta da Pechino alla fine di giugno del 2020.
I motivi della chiusura: “Questa decisione, presa a malincuore, è stata guidata dalla legge sulla sicurezza nazionale di Hong Kong, che ha reso impossibile alle organizzazioni per i diritti umani nella città di lavorare liberamente e senza timore di gravi rappresaglie da parte del governo”, ha affermato in una nota Anjhula Mya Singh Bais, presidente del board di Amnesty. “È sempre più difficile per noi continuare a operare in un ambiente così instabile”.
Il ritiro di Amnesty, è l’ultimo caso di una legge repressiva imposta da Pechino che ha portato all’inesorabile chiusura di diverse organizzazioni per i diritti umani, come ad esempio l’Alleanza di Hong Kong, il gruppo che da 30 anni si occupava di organizzare la veglia del 4 giugno in ricordo della violenta repressione delle proteste studentesche di Piazza Tienanmen a Pechino, nel 1989. I suoi ex vertici sono in gran parte in stato di detenzione a vario titolo, per partecipazione alle manifestazioni di massa “illegali” del 2019.
Dall’entrata in vigore della legge, il 30 giugno 2020, sono state chiuse almeno 35 organizzazioni della società civile, mentre dal 1 luglio 2020 al 26 luglio 2021, la polizia di Hong Kong ha arrestato od ordinato l’arresto di almeno 138 persone. La prima condanna è stata emessa il 27 luglio contro Tong Ying-kit, giudicato colpevole di “incitamento alla secessione” e “atti di terrorismo” per aver sventolato una bandiera recante uno slogan politico.