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Antonio Pignatiello incide “on the road” “A Sud di nessun Nord” L’intervista

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Da venerdì 8 maggio, il cantautore irpino Antonio Pignatiello è impegnato nella presentazione live del suo secondo album “A Sud di nessun Nord” (Controrecords – GoodFellas/Artist First) disponibile nei negozi tradizionali, in digital download e sulle piattaforme streaming.

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A Sud di nessun Nord” è stato registrato “on the road” in uno studio mobile durante un viaggio lungo la penisola, ed il suo titolo vuole rendere un chiaro omaggio all’omonima opera di Henry Charles Bukowski. Il disco contiene 12 brani, scritti dallo stesso Antonio Pignatiello che hanno come filo conduttore il tema del viaggio e dell’incontro. Un album fatto di musica sotto forma di poesia, di immagini, voci, storie e ricordi, in cui le canzoni abbracciano tutti senza appartenere a nessuno.

ART-News intervista Antonio Pignatiello uno “scrittore ed eclettico cantastorie notturno dei viaggiatori in cerca di fortuna” .

 “A Sud di nessun Nord” è il tuo secondo album, quale è il vero significato del suo titolo?

 “L’idea era quella di portare le canzoni a spasso lungo le stagioni della vita e stare a vedere quali incontri ci avrebbe riservato il destino. Alla base c’è l’idea della condivisione, naturalmente. Come si dice: “ La musica è l’arte dell’incontro”.

L’album è stato registrato “on the road” in uno studio mobile durante un viaggio lungo la penisola. Com’è nata questa idea?

 “Io e Giuliano Valori siamo partiti con a bordo un “piccolo studio mobile” per andare alla ricerca di storie e luoghi perduti dove echeggiano “chitarre di frontiera”, pianoforti polverosi e vecchie milonghe popolate dai fantasmi delle musiche di Atahualpa, l’etimologia significa esattamente colui che “Viene da terre lontane per raccontar qualcosa” (Ata: “viene”; Ku: “da lontano”; Alpa: “terra”; Yupanqui: “racconterai”, “devi raccontare”). Alla fine controlli che il disco abbia gli stivali lucidati e i pantaloni ben stirati quando sta per uscire”.

Attualmente sei in radio con “Lontano da qui” perché la scelta di questo brano come lancio del disco?

 “Non ho pensato alla canzone più orecchiabile e radiofonica, se è questo che intendi dire. “Lontano da qui” è stata scelta dal regista del videoclip Fabrizio Pizzulo. Dopo che ci siamo parlati molto, mi ha detto qual era la sua idea per raccontarla visivamente, e l’abbiamo fatta. Mi interessava la sincerità di quello che veniva cantato e raccontato, senza dover rientrare a tutti i costi dentro logiche imposte dal mercato”.

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Il disco contiene 12 brani tutti scritti da te, sono nati anch’essi “on the road” o in circostanze differenti?

“Ho cercato di prendere le canzoni alla spalle, e poi le ho chiuse a chiave in una stanza del reparto maternità, a fare figli. Devi avere fortuna con le canzoni, come con le donne, perché le incontri casualmente. Se giri a sinistra ne incontri una, se giri a destra ne incontri un’altra. L’amore, come la vita, è una specie di incidente. Ci si incontra e ci si conosce. Se sei fortunato, ti andrà abbastanza bene e continuerai la strada in buona compagnia. Se non succede, allora significa che hai girato dalla parte sbagliata, o non hai cercato bene, oppure la fortuna ha scommesso su un altro”.

C’è un brano del nuovo album a cui sei particolarmente legato?

“Ogni canzone ha una sua storia. “Folle” non ha mai mancato un appuntamento. E’ una di quelle canzoni che ama farsi trovare pur spostandosi continuamente, come la luna: la lasci alle nove di sera, fai il tuo concerto, bevi la tua birra, e quando rientri a casa ch’è quasi mattino, sai che lei c’è anche se non la trovi più dove l’hai lasciata. Alla fine, basta girare gli occhi  ed eccola lì, splendente, vestita del suo abito più bello, dall’altra parte del cielo”.

“A Sud di nessun Nord” è il tuo secondo lavoro discografico, in cosa ti senti maturato rispetto al primo?

“Quando le canzoni prendono forma e hai la possibilità di lavorare con persone di grande talento e cultura è sempre gratificante, ma ho ancora tantissimo da studiare e imparare.  L’incontro con Taketo Gohara è stato molto importante, ho capito meglio molte cose, ho affinato ulteriormente il mio gusto. Gli ho mandato le canzoni e qualche giorno dopo mi ha detto che gli piacevano e che avrebbe missato lui il disco. Abbiamo festeggiato per una settimana di seguito con Giuliano”.

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Sei passato da un disco come “Ricomincio da qui”  definito da te stesso un disco di “musica da camera” ad un lavoro “on the road” incentrato sui viaggi e la condivisione. Com’è nata questa esigenza?

“Ogni viaggio ci forma e ci sforma il volto. Le parole cambiano ad ogni volgere di stelle. Se il primo album era un disco da camera invernale, “A Sud Di Nessun Nord” è un disco molto caldo e desertico. Non mi piace ripetermi né chiudermi in un genere, amo sperimentare. Inoltre ho già iniziato a registrare  il coro del Chirocephalus marchesonii al Lago di Pilato per il prossimo lavoro”.

Ma è vero che un regista sarebbe interessato ad alcuni tuoi brani per la sua nuova pellicola?

“Le notizie corrono veloci come le canzoni. Il regista si chiama Esteban Vivaldi, adesso vive in Brasile, e sta ultimando il suo docu-film dal titolo “Era del Rame” a cui ho preso parte anche come attore per una piccola parte. Ad ogni modo, le cose sono andate così: uscito il disco “A Sud Di Nessun Nord”, Esteban lo ha ascoltato e qualche giorno dopo mi ha scritto per dirmi che si è emozionato nel sentire queste canzoni. La settimana scorsa ecco che arriva il pre-montato del film.  E’ stato molto bello. Alla fine, se ci pensi, noi ci limitiamo ad insegnare alle canzoni a camminare, poi una volta uscite fuori vanno dove gli pare. O, per dirla con le parole di Massimo Troisi, un altro grande maestro del cinema che amo molto, “La poesia non è di chi la scrive, è di chi… gli serve!”. Mi auguro che queste canzoni possano continuare ad abbracciare tutti, senza appartenere a nessuno, per molto tempo ancora”.

Sei nato  in Irpinia e poi ti sei trasferito prima a Bologna e poi a Roma. Qual è la prima cosa che fai quando torni in Irpinia?

“Un buon modo per ritrovarsi e raccontarsi è il momento del banchetto, della cena. E’ il luogo adatto per dialogare e stare insieme, senza guardare l’orologio. Staccare il telefono, spegnere il computer, gustarsi la vita. Bisognerebbe farlo più spesso. E poi c’è la musica suonata e da suonare con tutta la banda di Lacedonia!”.

Quali sono le tue influenze musicali?

“Moltissime e svariate. Chet Baker, Tom Waits, Fabrizio De André, Paolo Conte, Charlie Parker, Franco Battiato, Ennio Morricone, Glenn Gould, Nino Rota, Bruce Springsteen, The Clash, Rolling Stones, B. B. King, Luigi Tenco, Piero Ciampi, The Doors, John Coltrane, Johnny Cash…per citarne alcuni”.

Fra qualche anno dove ti immagini?

“Sempre in viaggio, alla ricerca di orizzonti lontani e musiche da scoprire. Mare, luna e stelle con cui riempirsi gli occhi e strade e storie da ascoltare e riconsegnare alla vita attraverso il canto”.

Quali sono i tuoi prossimi impegni live?

“Dopo il “Sold Out” al Teatro Arciliuto di Roma, e la tappa del 20 maggio al Làbas di Bologna, sarò ospite del poeta e scrittore Vincenzo Costantino Chinaski il 27 maggio al Beba Do Samba di Roma e il 28 maggio al Klamm di Roma per un concerto acustico tra poesia e musica”.

Info: www.antoniopignatiello.it 

https://www.facebook.com/pages/Antonio-Pignatiello/394898383864312

Carmen De Sio

c.desio@art-news.it

Twitter:CarmenDeSio

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