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Attentato di San Pietroburgo: “kamikaze a sua insaputa”

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Continuano le indagini sull’attentato di San Pietroburgo che ha portato alla morte di 14 persone e il ferimento di altre 45. L’agenzia Interfax riporta le indagini degli investigatori che stanno esaminando la versione secondo cui Akbarzhon Jalilov, il presunto autore dell’attentato alla metro, non intendeva farsi esplodere ma doveva solo piazzare gli ordigni nella metro. Sono stati i suoi complici a farlo esplodere. Sarebbe quindi stato un”kamikaze a sua insaputa“. “Molti indizi indicano che avrebbe dovuto solo piazzare gli ordigni, innescati poi da una telefonata”, ha detto la fonte.

Intanto continuano le indagini: la polizia è a caccia di complici: alla periferia della città, dopo i sei arresti di ieri, altre tre persone sono finite in manette, tutti nativi dell’Asia Centrale, avrebbero avuto contatti con Jalilov prima dell’attentato. Lo riferisce il Comitato investigativo russo, secondo cui “nel corso delle perquisizioni nell’appartamento dove vivevano queste persone sono stati trovati oggetti che hanno importanza per le indagini che sono stati sequestrati e mandati a un esame”.

Secondo alcune fonti vicine all’inchiesta, l’attentatore potrebbe appartenere a “cellule dormienti” dello Stato Islamico in Russia, non direttamente coordinate dai curatori del Califfato. Questo spiegherebbe l’assenza di una rivendicazione da parte dell’Isis. Jalilov potrebbe aver fabbricato da solo l’ordigno a casa seguendo istruzioni internet, oppure sotto l’influenza del gruppo terroristico “Tuahid wal-Jihad”, che opera in Siria e secondo le autorità del Kirghizistan è composto di centinaia di uzbechi che da tempo sono tornati in patria dalla Siria e vivono in clandestinità, gestendo una rete per reclutare i propri connazionali.

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