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Bergomi: “un errore dare la fascia da capitano a Icardi”

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Il giorno dopo, in casa inter a far rumore più della clamorosa sconfitta casalinga contro il Cagliari, è il caso Icardi. L’ atmosfera surreale all’interno del Meazza ieri, ha evidentemente deconcentrato i giocatori interisti, rimasti attoniti dall’accoglienza riservata al capitano-simbolo della squadra.

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Il caso: 1 Gennaio 2015 al Mapei Stadium l’Inter perde 3-1 in favore del Sassuolo. Al termine della gara, Icardi e Guarin vanno sotto lo spicchio di tifosi interisti per ringraziarli e scusarsi con loro per la prestazione. Icardi lancia la maglia ai tifosi ma questa viene immediatamente rispedita al mittente, il quale dopo un reciproco scambio di parole avvenuto con una manciata di ultras, viene allontanato da Guarin. Nasce da qui l’incrinatura del turbolento rapporto tra Mauro Icardi e una parte della tifoseria che tutto sommato fino a ieri non aveva mai mostrato ostilità nei confronti dell’argentino.

Fino a ieri appunto, perchè a far traboccare il vaso ci ha pensato proprio Icardi che nella sua autobiografia uscita qualche giorno fa, ha raccontato l’episodio del Mapei Stadium in questo modo: “a fine partita ho trovato il coraggio di affrontare la Curva a fine gara, insieme a Guarin. Mi tolgo maglia e pantaloncini e li regalo a un bimbo. Peccato che un capo ultrà gli vola addosso, gli strappa la maglia dalle mani e me la rilancia indietro con disprezzo. In quell’istante non ci ho più visto, lo avrei picchiato per il gesto da bastardo appena compiuto. E allora inizio a insultarlo pesantemente: “Pezzo di merda, fai il gradasso e il prepotente con un bambino per farti vedere da tutta la curva? Devi solo vergognarti, vergognatevi tutti”. Detto questo gli ho tirato la maglia in faccia. In quel momento è scoppiato il finimondo. Nello spogliatoio vengo acclamato come un idolo… I dirigenti temevano che i tifosi potessero aspettarmi sotto casa per farmela pagare. Ma io ero stato chiaro: “Sono pronto ad affrontarli uno a uno. Forse non sanno che sono cresciuto in uno dei quartieri sudamericani con il più alto tasso di criminalità e di morti ammazzati per strada. Quanti sono? Cinquanta, cento, duecento? Va bene, registra il mio messaggio, e faglielo sentire: porto cento criminali dall’Argentina che li ammazzano lì sul posto, poi vediamo“. Avevo sputato fuori queste frasi esagerate per far capire loro che non ero disposto a farmi piegare dalle minacce. Una settimana dopo un capo storico viene da me: pretende ancora le mie scuse. “Non devo chiedere scusa a nessuno di voi, se vi va bene perfetto, altrimenti ciao..”

Un po’ più di un ingenuità quella di Icardi, che molto probabilmente dalla prossima partita verrà spodestato dal ruolo di capitano. Non solo, da ieri il giocatore riceve continue minacce e aggressioni verbali da una parte della tifoseria che lo ha aspettato (non trovandolo) addirittura sotto la propria abitazione.  Beppe Bergomi, storica bandiera nerazzurra ha definito “un errore affidargli la fascia da capitano” a prescindere da questo episodio. L’ex difensore nerazzurro intervenuto sull’argomento, ha poi affermato nonostante i suoi 52 anni, di non sentirsi tutt’ora pronto a scrivere una biografia. È evidente che non si possa mettere a paragone l’eleganza e la finezza di Bergomi con l’eccentricità e la singolarità di un giovane come Icardi, ma è altrettanto ovvio, considerando la caratura del personaggio, che non c’è da stupirsi più di tanto. Un azienda di grande interesse mondiale qual’è l’inter, non può prescindere da una forte organizzazione societaria, ne da un importante rappresentanza di giocatori italiani all’interno dello spogliatoio. Tutte cose che l’Inter non ha più da anni. Per ciò, se da un lato ben vengano le conseguenze della Sentenza Bosman che ha notevolmente arricchito dal punto di vista tecnico il calcio moderno, dall’altro è doveroso ammettere che in una squadra composta da 22 stranieri, dove all’interno di uno spogliatoio si parlano 10 lingue diverse, in mancanza di figure di riferimento (vedi Zanetti), è facile trovarsi di fronte a contesti confusionari e anarchici. Provate ad immaginare come sarebbe stato trattato dentro allo spogliatoio e lontano dalle telecamere uno che ai tempi di Mazzola, Altobelli, Facchetti o Baresi, avesse minacciato di uccidere i propri tifosi.

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