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Corte UE: stabiliti indizi per provare causalità vaccino-malattia

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La Corte di Giustizia Europea nella sentenza relativa alla richiesta di risarcimento alla casa farmaceutica Sanofi Pasteur da parte di un cittadino francese, ammalatosi di sclerosi multipla dopo un vaccino contro l’epatite B, ha stabilito che il nesso di causalità tra la somministrazione di un vaccino e l’insorgenza di una malattia può essere provato, anche in mancanza di consenso scientifico, con un complesso di “indizi gravi, precisi e concordanti”.

In particolare la sentenza della Corte precisa che possono eventualmente costituire indizi sufficienti a formare una simile prova “la prossimità temporale tra la somministrazione del vaccino e l’insorgenza di una malattia, l’assenza di precedenti medici personali e familiari della persona vaccinata e l’esistenza di un numero significativo di casi repertoriati di comparsa di tale malattia a seguito di simili somministrazioni. Sarà poi compito dei giudizi nazionali assicurarsi che tutti gli indizi prodotti siano sufficientemente gravi da stabilire l’esistenza di un difetto nel farmaco, tenendo ovviamente conto degli elementi e degli argomenti presentati a propria difesa dal produttore.

Nel caso in questione è stato posto l’accento proprio su questi indizi, ossia sulle eccellenti condizioni di salute pregresse del signor W. (il cittadino francese ammalatosi in seguito al vaccino contro l’epatite B), alla mancanza di precedenti familiari e al collegamento temporale tra la vaccinazione e la comparsa della malattia. La Corte considera quindi compatibile con la direttiva un regime probatorio che autorizza il giudice a concludere che sussiste un nesso di causalità tra un difetto del vaccino e una malattia.

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