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Del Grande, il reporter detenuto in Turchia: “Inizio lo sciopero della fame”. La Farnesina ne chiede la liberazione

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Non si sblocca la vicenda del fermo in Turchia di Gabriele Del Grande, il documentarista e giornalista italiano fermato il 9 aprile durante un controllo di polizia al confine con la Siria, “in una zona del paese in cui non è consentito l’accesso”. Al momento non c’è ancora una data certa per il suo rimpatrio, che dovrebbe avvenire con un provvedimento di espulsione, dopo il completamento delle relative procedure giudiziarie.

“Sto bene, non mi è stato torto un capello ma non posso telefonare, hanno sequestrato il mio cellulare e le mie cose, sebbene non mi venga contestato nessun reato”. Lo ha detto al telefono Gabriele Del Grande riuscendo a chiamare in Italia dal telefono del Centro dove è detenuto.

“Inizio lo sciopero della fame e invito tutti a mobilitarsi per chiedere che vengano rispettati i miei diritti”, ha annunciato il reporter chiamando la sua compagna e alcuni amici. “I miei documenti sono in regola, ma non mi è permesso di nominare un avvocato, né mi è dato sapere quando finirà questo fermo – ha aggiunto nella telefonata – La ragione del fermo è legata al contenuto del mio lavoro. Ho subito interrogatori al riguardo. Ho potuto telefonare solo dopo giorni di protesta”.

Intanto la Farnesina e l’Ambasciata d’Italia ad Ankara stanno seguendo il caso di Del Grande con estrema attenzione e sono in costante contatto con i familiari del giornalista.

L’unità di crisi ha chiesto alla Turchia che Del Grande, “sia rimesso in libertà, nel pieno rispetto della legge”. “Il ministro Alfano – si legge in una nota – ha disposto l’invio a Mugla, dove Del Grande è detenuto, del console d’Italia a Smirne per rendere visita al connazionale” mentre “l’ambasciatore d’Italia ad Ankara ha trasmesso alle autorità turche la richiesta di visita consolare, come previsto dalla Convenzione di Vienna del 1963”.

Gabriele Del Grande, 35 anni, è reporter e documentarista. Nel 2014, insieme ad Antonio Augugliaro e Khaled Soliman Al Nassiry, ha realizzato il documentario “Io sto con la sposa” che racconta la vera storia di cinque profughi palestinesi e siriani, sbarcati a Lampedusa, che per arrivare in Svezia mettono in scena un finto matrimonio. Il film è stato presentato alla 71ma edizione della Mostra del Cinema di Venezia, sezione Orizzonti.

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