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Funivia Mottarone, Tadini ai domiciliari. Liberi Nerini e Perocchio. Resta da capire perché la fune si è spezzata

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Il caposervizio della funivia del Mottarone, Gabriele Tadini, ha lasciato il carcere di Verbania e ora è ai domiciliari, lo ha deciso il gip Donatella Banci Buonamici. L’uomo era in carcere da mercoledì scorso. Tornano liberi Luigi Nerini, gestore dell’impianto, e Enrico Perocchio, direttore di esercizio, in stato di fermo per l’incidente che domenica scorsa ha causato la morte di 14 persone.

Tadini ha ammesso di aver piazzato i forchettoni per disattivare i freni. “Palese è, al momento della richiesta di convalida del fermo e di applicazione della misura cautelare, la totale mancanza di indizi a carico di Nerini e Perocchio che non siano mere, anche suggestive supposizioni” così scrive la gip di Verbania: “Le scarne dichiarazioni di Tadini, rese peraltro di notte, dopo 7 ore dalla convocazione in caserma, alla presenza di un difensore d’ufficio, non hanno consentito alcun vaglio di attendibilità, né alcuna possibilità di dettagliare e circostanziare le accuse elevate contro i coindagati – spiega il gip, che prosegue – nemmeno alcun riscontro è emerso dalle dichiarazioni già rese dai dipendenti della Funivie Mottarone sentiti nelle indagini il 25 maggio”.

C’è poi la testimonianza di un operaio che dice: “E’ stato Gabriele Tadini a ordinare di mettere “i ceppi” per bloccare i freni di emergenza della cabina e la loro installazione era avvenuta già dall’inizio della stagione, il 26 aprile, quando l’impianto tornò in funzione dopo le restrizioni anti-Covid”. Il dipendente della funivia sentito come teste nelle indagini dei pm di Verbania, spiega inoltre che il tecnico ordinò di far funzionare l’impianto con i ceppi inseriti, a causa delle anomalie al sistema frenante non risolte, anche se non erano garantite le condizioni di sicurezza necessarie.

“Sono contento di tornare dalla mia famiglia, ma sono disperato per le quattordici vittime”, ha detto Perocchio, lasciando il carcere di Verbania. “L’errore è stato mettere i forchettoni per ovviare ad un problema che si sarebbe risolto – ha aggiunto -. Se avessi saputo che erano stati messi non avrei avvallato la scelta, in carcere stavo male per le persone mancate e per la mia famiglia”. Perocchio ha detto inoltre di non avere mai ricevuto da Nerini, il gestore dell’impianto, pressioni per mantenere la funivia aperta.

Perocchio ha poi spiegato che non riesce a capire cosa sia successo alla fune che si è spezzata. “Tutte le manutenzioni sono state fatte – ha aggiunto – ora vedremo dalle analisi, io quel giorno sono partito immediatamente appena ho saputo della strage, mi sono sentito morire quando ho saputo delle accuse dei pm, ho sentito come un macigno addosso”.

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