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La morte di Sabrina Beccalli: al processo contro Alessandro Pasini una decisione che fa discutere

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Decisione sorprendente a livello giudiziario per la morte di Sabrina Beccalli: la 39enne trovata senza vita a Ferragosto 2020 a Crema. Il giudice ha assolto Alessandro Pasini dall’accusa di omicidio volontario. La motivazione? Perché il fatto non sussiste. Il 46enne vecchio amico della Beccalli, è stato però condannato a 6 anni di reclusione per distruzione di cadavere e incendio doloso; il corpo della donna, infatti, era stato dato alle fiamme. Il giudice ha comunque disposto la scarcerazione di Pasini.

Rabbia e dolore da parte dei familiari di Simona Beccalli. I parenti della vittima, presenti in aula, al momento della lettura della sentenza hanno urlato: “Maledetta legge italiana! L’ha uccisa e l’ha bruciata, e prende solo sei anni!”. Duro anche il commento dell’avvocato di parte civile, Antonino Andronico: “Sono esterrefatto per la sentenza”. Pasini, si è sempre proclamato innocente, sostenendo di essere stato quella notte con Sabrina, di aver consumato droga insieme e di essere stato preso dal panico di fronte alla sua morte per overdose.

L’accusa. Il pm Lisa Saccaro, ha scritto la sua requisitoria in 12 pagine chiedendo al giudice per l’udienza preliminare Elisa Mombelli una condanna a 28 anni. Una richiesta frutto di un calcolo che teneva conto di 30 anni per omicidio volontario, 12 per occultamento e distruzione di cadavere, incendio e crollo di edificio per un totale di 42 anni scontati del terzo previsto dal rito abbreviato.

Le motivazioni della richiesta dell’accusa. Secondo il pubblico ministero, sulla base degli elementi acquisiti in fase di indagine, è stato il 46enne ad aver ucciso la notte della vigilia di Ferragosto di un anno fa l’amica 39enne, mamma di un 16enne, in un appartamento di via Porto Franco a Crema. Movente: una richiesta sessuale rifiutata dopo aver consumato, insieme, cocaina. Successivamente, l’uomo caricò il cadavere di Sabrina sull’auto di lei incendiandola nei campi di Vergonzana. Per il giudice, invece, non è stata raggiunta la prova certa del delitto. In sostanza, non c’è la ragionevole certezza.

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