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L’azienda proprietaria dell’elicottero: Kobe Bryant e la figlia conoscevano i rischi

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La leggenda Nba Kobe Bryant e la figlia 13enne Gianna “avevano una conoscenza effettiva di tutte le circostanze, dei particolari pericoli implicati e della loro grandezza. E andarono incontro ad un rischio noto, assumendosi volontariamente quello di un incidente, di lesioni”: così Island Express, la società proprietaria dell’elicottero schiantatosi nella nebbia vicino a Los Angeles causando la morte dell’ex campione di basket, della figlia e di altre sei persone, ha risposto alla causa intentata dalla vedova del campione, Vanessa Bryant, chiedendo che la richiesta danni venga respinta o ridotta.

Per la compagnia, insomma, volare in elicottero è “un pericolo di per sè”, come se chi sale su questo mezzo dovesse sapere che rischia ogni volta la vita. La società si spinge anche in campo metafisico, definendo la nebbia un “atto di Dio”. La vera negligenza starebbe, secondo la compagnia, nei passeggeri che “conoscevano i rischi” del volare sull’elicottero.

Vanessa Bryant, intanto, ha fatto causa anche al dipartimento dello sceriffo di Los Angeles per la diffusione online delle foto scattate sul luogo dell’incidente. Le immagini, che ritraevano i corpi delle vittime e dei detriti dell’elicottero, sarebbero state scattate sul luogo dell’incidente dagli uomini del dipartimento dello sceriffo di Los Angelese poi diffuse senza autorizzazione da parte della famiglia.

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