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Mostro di Firenze: ecco la prova che scagiona Pietro Pacciani

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Mostro di Firenze: la cartuccia trovata nell’orto di Pietro Pacciani a Mercatale Val di Pesa (Firenze) non entrò mai in una pistola Beretta calibro 22, come quella utilizzata dal serial killer che insanguinò il fiorentino dal 1968 al 1985 con 8 duplici delitti. Lo hanno stabilito due recenti perizie del Ris dei carabinieri. La rivelazione è stata fatta a “Crimini e Criminologia” su Cusano Italia Tv dal pool di avvocati e consulenti di alcuni parenti delle vittime, tra cui: gli avvocati Antonio Mazzeo e Alessio Tranfa, e il consulente di parte Paolo Cochi (documentarista e scrittore).

Le parole del pool al lavoro. Sia gli avvocati che il consulente di parte hanno detto in coro: “Due perizie del Ris e una perizia di Davide Minervini, il consulente balistico del pm, dimostrano che il proiettile ritrovato nell’orto di Pacciani nel 1994 non è mai stato incamerato in una pistola Beretta calibro 22, quindi non può essere un indizio, men che meno una prova. Così viene a mancare la ‘prova regina’; pertanto, a livello probatorio e anche indiziario non c’è niente contro Pacciani”.

La precisazione. Lo stesso pool ha rivelato: “La novità è nell’essere venuti a conoscenza delle due perizie del Ris, risalenti al periodo 2019-2020, perché erano tra gli atti allegati dal gip di Firenze al fascicolo con cui la procura aveva chiesto l’archiviazione di un’indagine per depistaggio relativa al bossolo trovato nell’orto di Pacciani. L’archiviazione, secondo quanto appreso, è per decorrenza dei termini, gli eventuali depistatori restano ignoti”. Ma perchè si depistò? Per coprire il vero Mostro di Firenze?

Nè Pacciani, nè i compagni di merende. Paolo Cochi ha aggiunto: “A noi queste cose non quadrano. Il ritratto di Pacciani come Mostro di Firenze è il risultato del lavoro della stampa che ha dato per certo qualcosa che non è tale e anzi Vanni e Lotti erano sicuramente estranei alla vicenda. Dentro le carte dell’inchiesta ci sono cose che prima non si sapevano e potrebbero esserci altre sorprese”. Mentre l’avvocato Antonio Mazzeo ha precisato: “L’unica volta che abbiamo potuto avere accesso agli atti non attraverso la procura, ma attraverso il gip che ha emesso alcune istanze in contrasto con l’indirizzo della procura, è venuto fuori che il proiettile trovato nell’orto del Pacciani era farlocco”.

I processi del passato non hanno risolto nulla. E su questo il pool, sempre al canale 264 del digitale terrestre, ha dichiarato:  “Tre duplici omicidi, quindi sei giovani non hanno alcun giudicato; mentre per quanto riguarda gli altri quattro duplici omicidi ci sono sentenze passate in giudicato che non convincono affatto. Il Mostro di Firenze non erano né Pietro Pacciani né i cosiddetti ‘compagni di merende’. Esistono prove, testimoni, DNA e identikit che portano su tutta un’altra strada”. L’avvocato Tranfa dal canto suo ha detto: “Paradossalmente questo proiettile prova l’innocenza di Pacciani. Si vede che era stato messo da qualcuno. Molto strano che sia stato rinvenuto in un giorno di pioggia grazie ad un luccichio nell’orto”.

La difficoltà di accesso agli atti presso la procura di Firenze. L’avvocato Antonio Mazzeo in tal senso ha detto: “Dopo una lunga battaglia io ho due decreti di autorizzazione. Chiedevamo la prima perizia del genetista Ricci della procura e l’8 novembre 2022 la sostituta Beatrice Giunti ci ha autorizzato all’estrazione della copia della consulenza. Dall’8 novembre sono passati sette mesi e tutto tace. Da un punto di vista giuridico la mia richiesta ha avuto esito positivo ma se poi non mi danno le carte è come se mi avessero dato esito negativo. Noi ci muoviamo sulla base di indagini svolte dai carabinieri di Borgo San Lorenzo in cui si individuano dei sospetti. Tuttavia questi sospetti non sono nell’elenco della procura. Siamo dovuti passare anche attraverso interrogazioni parlamentari per avere questi documenti”. Tutto questo fa pensare sull’atteggiamento della procura fiorentina.

 

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