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Vertice Ue: proposto accordo anti-Brexit. Passi avanti su immigrazione

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Durante il vertice che il presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk, ha definito come “cruciale per l’unità della nostra Unione e per il futuro delle relazioni del Regno Unito in seno all’Europa”,  svoltosi nella notte tra i leader europei a Bruxelles, si è discusso di immigrazione e Brexit.

Si è trattato di una sorta di maratona notturna che ha visto anche una serie di incontri bilaterali.

Donald Tusk ha infatti incontrato prima il presidente francese Francois Hollande, poi il premier ceco Bohuslav Sobotka e infine il belga Charles Michel.

Fonti comunitarie hanno spiegato che al centro dell’incontro con Hollande c’è stata la questione della governance dell’euro. “Si suppone che un testo che soddisfi la Francia soddisfi anche gli altri Paesi, essendo Parigi la più preoccupata su questo tema”.

Sobotka invece rappresentava le preoccupazioni del gruppo di Visegrad, cioè Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia e Ungheria, che sono quelli che hanno il maggior numero di emigrati nel Regno Unito. Con lui, Tusk si è confrontato sul tema dell’accesso al welfare da parte degli immigrati comunitari nel Regno Unito.

Con Michel, Tusk ha poi affrontato il tema della sovranità nazionale e la questione dell'”Ever closer union”, espressione adottata nei trattati che indica l’orientamento dei Paesi membri a procedere a una progressiva ulteriore integrazione. Per aggirare il problema è stato inserito nell’accordo un passaggio che indica che questa ulteriore integrazione non rappresenta un obbligo per gli Stati membri.

Terminato il giro di consultazioni, Tusk ha chiuso il testo della sua proposta finale per un accordo anti-Brexit che sarà analizzato in mattinata.

L’altro grande tema affrontato a Bruxelles è stato quello dell’immigrazione. Sul banco degli “imputati” l’Austria con il suo annuncio di voler introdurre controlli alle frontiere e quote agli ingressi. Vienna si trova in “una posizione che è comprensibilmente molto difficile”, ha detto Renzi, perché “l’Austria oggi ha più richiedenti asilo dell’Italia in termini assoluti, ed è un Paese decisamente più piccolo e meno popoloso”, molto meno lo è nei confronti dei Paesi dell’Est Europa, riottosi ad accettare i ricollocamenti.

“Cari amici – avrebbe quindi detto nel corso della cena – basta con le prese in giro. Da un anno vi diciamo che questo problema riguarda tutti. Mettiamola così: la solidarietà non può essere solo nel prendere”. E avrebbe lanciato una minaccia: “Inizia adesso la fase della programmazione dei fondi 2020. O siete solidali nel dare e nel prendere. Oppure smettiamo di essere solidali noi Paesi contributori. E poi vediamo”. Una sferzata sulla quale avrebbe raccolto il consenso di Francia e Germania.

Dura la risposta ungherese che ha definita la minaccia dell’Italia di tagliare i fondi Ue agli Stati membri dell’est un “ricatto politico”.

Il presidente della Commissione Ue Jean-Claude Juncker ha invece spiegato: “Stasera abbiamo detto unanimamente che un approccio europeo alla crisi migratoria è necessario e che un approccio nazionale non è raccomandato. Ora ho speranza, dopo aver visto che tutti i Paesi membri hanno adottato questo approccio, che faremo progressi sulle decisioni già prese mesi fa. Tutti gli Stati membri hanno riconfermato il proprio impegno sui ricollocamenti”.

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