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Istat: aumentano le disuguaglianze. Sette under 35 su dieci vivono ancora coi genitori

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È un quadro impietoso quello mostrato dall’Istat nel suo rapporto annuale. Sempre più disuguaglianze sono presenti nel nostro paese, non esiste più la classe operaia, si fa fatica a rintracciare il ceto medio, e sempre di più nelle famiglie italiane la “persona di riferimento” è un anziano, magari pensionato. Come se non bastasse si è toccato il minimo storico per nascite mentre al 1° gennaio 2017 la quota di individui con oltre 65 anni raggiunge il 22%, facendo dell’Italia il Paese più vecchio d’Europa. Non va meglio ai giovani italiani che, 7 su 10, sono ancora a casa con i propri genitori.

La ripresa, a causa dell’intensità insufficiente della crescita economica, stenta ad avere gli stessi effetti positivi diffusi all’intera popolazione“. Lo ha detto il presidente dell’Istat, Giorgio Alleva, commentando in Parlamento i dati del Rapporto annuale. “L’Italia ha consolidato il processo di ripresa iniziato nel 2015. Nella fase attuale, il processo di crescita stenta tuttavia ad affermarsi pienamente”, ha aggiunto.

Ancora alto il numero di giovani che non lavorano né studiano. Nel Rapporto annuale si legge inoltre che in Italia i Neet, acronimo inglese che sta per giovani tra i 15 e i 29 anni che non lavorano e non studiano, sono scesi a 2,2 milioni nel 2016, con un’incidenza che passa al 24,3% dal 25,7% dell’anno precedente. Nonostante il calo, si tratta ancora della quota “più elevata tra i paesi dell’Unione europea”, dove la media si ferma al 14,2%.

L’Istat traccia una nuova mappa socio-economica dell’Italia, dividendo il Paese in nove gruppi in base al reddito, al titolo di studio, alla cittadinanza e non guardando così più solo alla professione. I due sottoinsiemi più numerosi sono quelli delle “famiglie di impiegati”, appartenete alla fascia benestante (4,6 milioni di nuclei per un totale di 12,2 milioni di persone) e delle “famiglie degli operai in pensione”, fascia a reddito medio (5,8 milioni per un totale di oltre 10,5 milioni di persone).

“La diseguaglianza sociale non è più solo la distanza tra le diverse classi, ma la composizione stessa delle classi”. E’ questa l’analisi contenuta nel Rapporto dell’Istat, secondo cui “la crescente complessità del mondo del lavoro attuale ha fatto aumentare le diversità non solo tra le professioni ma anche all’interno degli stessi ruoli professionali, acuendo le diseguaglianze tra classi sociali e all’interno di esse”.

Crescono inoltre nel 2016 le famiglie senza redditi da lavoro ovvero dove non ci sono occupati o pensionati da lavoro nel 2016. Si contano infatti circa 3 milioni 590 mila famiglie, il 13,9% del totale, con la percentuale più alta che si registra nel Mezzogiorno (22,2%) Si tratta di tutti nuclei ‘jobless’ dove si va avanti grazie a rendite diverse, affitti o aiuti sociali. Nel 2008 queste famiglie erano 3 milioni 172 mila, il 13,2% del totale.

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