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Regeni: team da Roma per le indagini

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Il cadavere di Giulio Regeni, scomparso la notte del 25 gennaio al Cairo e ritrovato ieri, dieci giorni dopo, “presenta chiari segni di percosse e torture”. Secondo le prime indiscrezioni sui risultati dell’autopsia, emerge che la morte è stata provocata da un forte colpo alla testa.

Le indagini degli investigatori egiziani sono al momento contrastanti. Il procuratore egiziano – che ha disposto l’autopsia – riferisce che il corpo era martoriato: un orecchio mozzato, tagli sul naso, ustioni di sigarette sulle braccia, ecchimosi da pugno in faccia. Il cadavere è stato trovato senza vestiti dalla vita in giù, buttato sul ciglio della strada che collega Il Cairo ad Alessandria, in un luogo lontano sia da casa sua sia dal luogo dove aveva appuntamento con il suo amico il 25 gennaio (centro del Cairo).

Il direttore dell’ufficio stampa del ministero dell’Interno egiziano, smentisce la ricostruzione fornita dal direttore della procura di Giza: “E’ stato un incidente stradale. Non c’è stata alcuna tortura e l’assenza di segni è stata confermata dai funzionari dell’obitorio di Zeinhom, dove si trova il corpo del ragazzo”.

Oggi un team di sette uomini di Polizia, Carabinieri e Interpol raggiungerà oggi il Cairo per seguire le indagini e cercare di far luce sulla morte del ricercatore friulano.

I genitori, accompagnati dall’ambasciatore, hanno riconosciuto ieri il corpo del figlio.

Regeni aveva scritto più volte per il Manifesto, sotto pseudonimo, perché “aveva paura per la sua incolumità”. Il quotidiano annuncia l’intenzione di pubblicare l’ultimo articolo ricevuto una decina di giorni prima della sua sparizione sui movimenti operai egiziani, anche se la famiglia si oppone e ha diffidato il giornale dal farlo.

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