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Analisi Cnr: il 2022 è l’anno più caldo della storia

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I primi 7 mesi proiettano il 2022 come l’anno più caldo di sempre: luglio appena concluso, infatti, ha fatto registrare un aumento di 2,26 gradi sopra la media italiana dal 1800 (da quando vengono rilevati i dati) ad oggi e nel complesso i primi 7 mesi dell’anno fanno registrare un aumento di 0,98 gradi. A indicarlo sono i dati pubblicati ogni mese dall’Istituto di scienze dell’atmosfera e del clima del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Isac-Cnr).

Secondo i dati l’anomalia climatica più evidente quest’anno si è avuta in estate con il mese di giugno che ha fatto registrare una temperatura media superiore di ben 2,88 gradi rispetto alla media su valori vicini al massimo registrato nel 2003 mentre nel mese di luglio la colonnina è stata più alta di 2,26 gradi la media, inferiore solo al 2005.

A guidare la classifica degli anni più caldi in Italia dal 1800 è ancora il 2018, con un’anomalia di 1,58 gradi sopra la media di riferimento in cui un peso rilevante lo ebbero i mesi di gennaio con un aumento di 2,37 gradi rispetto alla media e aprile, il più caldo di sempre con 3,5 gradi sopra la media.

Allarme Coldiretti: “Siamo di fronte a un impatto devastante della siccità e delle alte temperature con danni all’agricoltura che superano i 6 miliardi di euro, pari al 10% della produzione nazionale. Le campagne italiane sono allo stremo con cali produttivi del 45% per il mais e i foraggi che servono all’alimentazione degli animali, del 20% per il latte nelle stalle, del 30% per il frumento duro per la pasta di oltre 1/5 delle produzione di frumento tenero, del 30% del riso, meno 15% frutta ustionata da temperature di 40 gradi, meno 20% cozze e vongole uccise dalla mancanza di ricambio idrico nel Delta del Po, dove – evidenzia la Coldiretti – si allargano le zone di “acqua morta”, assalti di insetti e cavallette con decine di migliaia di ettari devastati. Preoccupa anche la vendemmia appena iniziata in Italia con una prospettiva di un calo del 10% delle uve mentre – continua la Coldiretti – è allarme negli uliveti con il caldo che rischia di far crollare le rese produttive. Oltre che in pianura gli effetti del cambiamento climatico si fanno dunque sentire anche in montagna con un profondo cambiamento del paesaggio con i pascoli che sono sempre più secchi e le pozze per abbeverare gli animali asciutte a causa della mancanza di pioggia e delle alte temperature che stanno prosciugando pure i ghiacciai alle quote più alte”.

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