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Confindustria: “la crescita è più fragile”

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“In aumento i segnali di indebolimento dell’economia italiana, soprattutto nell’industria”: è questa l’analisi mensile del centro studi di Confindustria che rileva una “crescita più fragile”. “Si continuano ad accumulare segnali di indebolimento, specie per l’industria e le costruzioni – spiegano – sebbene il +0,6% del pil italiano nel primo trimestre frutti una crescita già acquisita di +0,9% nel 2023”. Pesano “il lento calo dell’inflazione e il credito più caro”. I servizi – si legge – “sono meno dinamici”. Inoltre “nei consumi delle famiglie ci sono meno beni, in particolare alimentari, e più servizi”.

Nel quadro generale, il centro studi diretto da Alessandro Fontana vede che calano i consumi di beni alimentari delle famiglie italiane, mentre aumentano i pasti fuori casa o il ricorso alla consegna dei cibi a domicilio. “Nel 2022 – si legge – i consumi delle famiglie italiane sono cresciuti del 4,6%, sopra le attese degli analisti. In calo a fine anno (-1,7%), hanno ricominciato a espandersi nel primo trimestre 2023 (+0,5%), sebbene siano ancora sotto il livello pre-Covid (-1,2%). Questo dato aggregato positivo, però, nasconde una forte eterogeneità di traiettorie”, rileva, con un approfondimento, il Centro studi di Confindustria. Sono “deboli i consumi di beni” ed “una dinamica fiacca” caratterizza i beni durevoli e soprattutto i non durevoli”. In particolare – si spiega – “la spesa delle famiglie italiane per gli alimentari è in forte riduzione (-3,7% nel 2022; -8,7% nel quarto trimestre 2022 dal primo 2021), in controtendenza rispetto a molte altre voci di spesa. In “direzione opposta” la spesa per i servizi con “un forte rimbalzo nel 2022 (+8,8%), sebbene ancora sotto i valori pre-Covid (-3,9%)”.

Nel post-pandemia, “la domanda repressa per il Covid, liberatasi nel 2022, potrebbe aver frenato gli alimentari, grazie al desiderio di recupero dei pasti fuori casa (contabilizzati come servizi, non beni). Una sostituzione di ‘pasti a casa’ con i servizi di ristorazione potrebbe essere stata dettata anche dalla dinamica dei prezzi relativi, a favore dei secondi (+11,4% annuo il rincaro degli alimentari, +6,5% i ristoranti)”. Inoltre “la diffusione con la pandemia dei servizi di delivery di pasti pronti a casa, a parità di spesa, alza quella in ‘ristoranti’ e abbassa quella in alimentari. Potrebbe poi esserci un ‘effetto reddito’: le famiglie meno abbienti che hanno accumulato meno extra-risparmio nel 2020-21, ora subiscono maggiore erosione del reddito reale: ne può conseguire un impatto più negativo sui consumi alimentari, che rappresentano una maggior quota della loro spesa (26,0% nel quintile più basso, 14,4% nel più alto)”. Il consumo “si sposta verso comportamenti più sostenibili (meno spreco di cibo) e abitudini comuni tra i giovani (più pasti fuori casa)”.

Quanto alle prospettive per il 2023 “i consumi alimentari risentiranno ancora delle tensioni sui prezzi. È probabile che anche la spesa in servizi rallenti, man mano che svaniscono gli effetti del recupero”dei livelli pre-pandemici (e si esaurisce l’extra-risparmio). “Il taglio dei consumi alimentari può avere effetti negativi a cascata sull’industria italiana: la produzione del comparto, infatti, è in calo (-2,7% in aprile da gennaio). E l’export, fiacco, non sembra compensare, visto che anche i consumi nei mercati europei sono in flessione”.

 

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