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Thailandia: dopo la conferenza stampa tornano a casa i 12 calciatori thailandesi bloccati in grotta

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A pochi giorni di distanza dal loro salvataggio tornano finalmente a casa i 12 ragazzini thailandesi, rimasti bloccati per 18 giorni insieme al loro allenatore nella grotta Tham Luang inondata dalle piogge.

Hanno a più riprese scavato nelle pareti della caverna, in cerca di una via d’uscita, hanno raccontato gli stessi giovani sopravvissuti nel loro primo incontro con la stampa, in cui hanno ricostruito la dinamica di quanto accaduto. Insieme al loro allenatore hanno riferito che, dopo un allenamento, si sono inoltrati nella grotta, ma ad un certo punto hanno realizzato che l’acqua stava crescendo e hanno capito che dovevano inoltrarsi sempre più all’interno. Quando hanno capito che si erano persi, hanno realizzato che avrebbero dovuto trascorrere lì la prima notte.

“Dalla prima intersezione ci siamo mossi, inoltrati per circa 200 metri, dove c’era una collina e una cascata. E poiché era vicina all’acqua, abbiamo pensato che fosse un posto migliore. Non avevamo paura in quel momento e abbiamo pensato: ‘il livello dell’acqua dovrebbe scendere e sicuramente qualcuno cercherà di trovarci’. E poi abbiamo scavato un po’, utilizzando pietre, cercando una via di uscita. Alcuni dei ragazzi erano stati già nella grotta, e dicevano ‘c’è un’altra uscita’”.

I ragazzini hanno anche raccontato di come abbiano cercato continuamente di darsi coraggio l’un l’altro e di come abbiano trascorso quei giorni interminabili giocando a scacchi e con giochi da tavolo.

E’ stato permesso loro di lasciare l’ospedale un giorno prima del previsto ed stata subito organizzata una conferenza stampa “perché i giornalisti potessero fare loro tutte le domande che vogliono -ha spiegato un portavoce del governo – e poterli poi, una volta a casa con i loro genitori, lasciarli in pace”.

Con la divisa della squadra, i ragazzi hanno preso parte alla conferenza stampa in cui hanno raccontato la loro storia per la prima volta. “Quando ho visto i soccorsi ho pensato fosse un miracolo”, spiega Adul Sam-on, 14 anni, uno dei dodici. Dice invece Ekkapol Chantawong, l’allenatore dei 12 giovani calciatori.

Un team di psicologi ha valutato le domande inviate in anticipo per decidere quali sottoporre ai ragazzi durante la conferenza in diretta tv. Quelle scartate presumibilmente chiedevamo maggiori dettagli sull’operazione di salvataggio con i sub durante la quale, pare che i giovani , fossero sotto effetto di forti sedativi. Oppure domande sullo status di ‘senza patria’ di tre ragazzi e dello stesso allenatore. Un caso politico che potrebbe imbarazzare per le implicazioni più generali sul fenomeno di almeno 500mila apolidi che vivono attorno alla città frontaliera di Mae Sai.

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