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Tumori, un quarto della spesa è a carico dei pazienti

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Nel 2022 in Italia la spesa per curare le persone affette da tumori è stata elevatissima. Infatti, il contributo economico è stato pari a 20 miliardi di euro ( 5,3 miliardi pagati dai cittadini di tasca propria) fra costi diretti di terapie, ospedalizzazioni, interventi chirurgici, esami, riabilitazione e costi indiretti. Inoltre, si prevede anche incremento di casi in tutti i Paesi occidentali, legati soprattutto agli scorretti stili di vita. Quindi, è importante ridurre le spese per la cura del cancro malattia attraverso la prevenzione. È l’appello lanciato dal convegno promosso dal Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro (Cnel), dalla Fondazione dell’Associazione italiana di oncologia medica (Aiom) e da Bioscience Foundation. “Si rischia di minare la sostenibilità dell’intero sistema e di far pagare di tasca propria sempre più ai cittadini. La prevenzione rappresenta la sola arma davvero vincente”, sottolinea Francesco Riva, presidente delegato della giunta del regolamento del Cnel.

“Aumenta la sedentarietà, le persone in sovrappeso e obese e i forti consumatori di alcol e quello che è preoccupante è che questi dati, così pericolosi, sono molto diffusi fra gli adolescenti”, spiega Saverio Cinieri, Presidente di Fondazione Aiom. Tuttavia, non basta insistere sugli stili di vita. “Bisogna anche ricercare i fattori prodromici che possono favorire la nascita di una neoplasia. Esistono ormai numerosi studi clinici che hanno dimostrato l’utilità di andare a misurare questi fattori come l’instabilità genomica, l’infiammazione cronica, la disbiosi intestinale e il disequilibrio del sistema immunitario. Tutti misurabili attraverso esami del sangue e materiale biologico“, aggiunge Adriana Albini, dell’Associazione americana per la ricerca sul cancro (Aacr). Si tratta della cosiddetta “Cancer Driver Interception”, cioè la ricerca di quelle alterazioni che, se non corrette, possono favorire la cancerogenesi.

“Il tumore impiega anni prima di svilupparsi. Oggi è possibile monitorare queste alterazioni con semplici test che possono rivelarci condizioni negative che possono poi essere corrette con stili di vita sani. Una prevenzione attiva, dunque, come si fa in campo cardiovascolare controllando la pressione o l’ipercolesterolemia”, aggiunge Giuseppe Mucci, presidente di Bioscience Foundation.

Questo approccio è molto innovativo e da perseguire, ma nel nostro Paese la percentuale di adesione agli screening è molto bassa, tra il 30 e il 40% e ulteriormente diminuita rispetto al 2021. Mentre l’Unione Europea ci chiede di raggiungere il 90% di adesione entro il 2025″, conclude Francesco Cognetti, presidente della Fondazione oncologi, cardiologi ed ematologi (Foce).

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