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La Camera blocca il salario minimo e l’opposizione insorge. Meloni: “In dieci anni non l’hanno fatto”

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Stop alla legge sul salario minimo. Lo ha deciso la Camera dando il via libera al governo per un provvedimento sull’equa retribuzione. Insorgono le opposizioni, che gridano “vergogna” in Aula e attaccano: “È un giorno triste per la Repubblica”.

“Un giorno triste”, dunque, secondo la sinistra politica che non manda a dire ciò che pensa su uno dei temi più dibattuti degli ultimi mesi. “Vorremmo sapere perché Meloni ce l’ha così tanto con i poveri. Voi all’ascensore sociale state tagliando i fili perché chi è povero resti povero”, ha detto la leader dem Elly Schlein durante le dichiarazioni di voto. Ieri invece il più chiaro di tutti era stato Giuseppe Conte, che aveva fisicamente strappato il testo della proposta. Nel corso di un’intervista radiofonica risponde la premier Giorgia Meloni: “Un po’ sorrido. M5s e Pd ci dicono che il salario minimo è l’unica cosa che va fatta in Italia ma in dieci anni al governo non l’hanno fatta”.

Che fare adesso? Lo spiega la stessa presidente del Consiglio: “Il punto – ha detto – è che il 97% dei contratti normati con Ccnl ha già il proprio salario minimo. Approvare una norma del genere significherebbe rischiare di abbassare la soglia minima di quei contratti. Il vero problema sta nelle sacche in cui il salario anche se normato risulta inadeguato – pensiamo al lavoro domestico o alla sicurezza privata”. Quindi la stoccata ai sindacati, “che rivendicano il salario minimo ma quando vanno a siglare i contratti collettivi firmano per compensi a poco più di cinque euro l’ora, come è accaduto per la sicurezza privata”. I sindacati dovrebbero essere più coerenti”.

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