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Orso d’Oro, Gianfranco Rosi commuove e vince con “Fuocoammare”

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Il trionfo di Gianfranco Rosi durante il festival nazionale del cinema a Berlino, è la testimonianza diretta e quanto mai veritiera che la classe registico/documentarista del talento nativo eritreo, porta, ogni qualvolta si cimenti in nuova nuova produzione, alla beatificazione del lavoro compiuto.

L’Orso d’Oro è quello che da molti tecnici viene definito uno dei  premi cinematografici più importanti al mondo al pari del Premio Oscar, della Palma d’oro di Cannes e del Leone d’oro di Venezia.

Il film in questione è “Fuocoammare” e porta come protagonista la splendida terra di Lampedusa, teatro dello sbarco di tutti quei disperati, che trovandola come primo lembo di terra disponibile tentano l’approdo, rischiando (e trovando) la vita nella maggior parte dei casi.

TRAMA Il film racconta la storia di Samuele che a 12 anni va a scuola e ama tirare con la fionda e andare a caccia. Gli piacciono i giochi di terra, anche se intorno a lui si parla, unicamente,  del mare e di uomini, donne e bambini che cercano di attraversarlo per raggiungere la sua isola. Samuele e i lampedusani sono i testimoni a volte inconsapevoli, a volte muti, a volte partecipi, di una tra le più grandi tragedie umane dei nostri tempi.

La presidente della giuria Meryl Streep, al fianco del direttore Dieter Kosslick, legge il verdetto compiaciuta: “film eccitante e originale, la giuria è stata travolta dalla compassione. Un film che mette insieme arte e politica e tante sfumature. È esattamente quel che significa arte nel modo in cui lo intende la Berlinale. Un racconto libero, con immagini di verità che ci comunicano quello che succede oggi. Un film urgente, visionario, necessario”.

Un docufilm di interesse culturale, che pone l’arcipelago delle Pelagie nel mediterraneo oltre che come assoluto ed incontaminato paradiso balneare, come “racconto squisitamente artistico, coraggioso e struggente” che ha come oggetto il disperato tentativo, da parte di tanti, che della loro sanguinolenta e quanto mai spietata patria non ne vogliono più sapere, di salvare, oltre che se stessi, anche il retaggio in essere della loro “famiglia”.

 

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