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Turchia: resa dei conti dopo il colpo di stato fallito

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Dopo il tentativo di golpe da parte militari dell’esercito la Turchia si risveglia con a capo ancora Recep Tayyip Erdogan. Il primo tentativo di colpo di Stato militare dal 1980 si sgretola di fronte agli errori di strategia dei golpisti e alla fedeltà al “sultano” del suo popolo, sceso in strada a difenderlo dopo il drammatico appello via FaceTime, già entrato nei libri di storia.

Il bilancio attuale è di almeno 265 morti accertati e oltre 1.400 feriti negli scontri e nei bombardamenti che fino al mattino hanno sconvolto i centri nevralgici di Istanbul e della capitale Ankara, dal ponte del Bosforo al Parlamento.
Intanto è stata avviata la purga da Erdogan contro i presunti “gulenisti” ha già il sapore di una resa dei conti. Nella lista ci sono anche figure eccellenti. In manette sono finiti centinaia di giudici, compresi alcuni della Suprema corte amministrativa e uno dei membri della Corte costituzionale. Nel frattempo, altri 2.745 magistrati sono stati rimossi dai loro incarichi. Ma se in patria il giro di vite sembra destinato a proseguire senza grossi ostacoli, la vera partita coinvolge adesso gli Stati Uniti.

Per il golpe fallito Erdogan ha subito accusato il suo nemico numero uno, quel Fethullah Gulen che per anni ha accompagnato la sua scalata al potere e ora è incluso dalla Turchia nella lista dei terroristi più pericolosi. Dal canto suo, l’imam e magnate Gulen nega ogni accusa e rilancia: “C’è la possibilità che il golpe sia stata una messa in scena per continuare ad accusare i miei sostenitori”.

Erdogan ha sostenuto di aver richiesto a Washington l’estradizione di Gulen. Una circostanza smentita però dal segretario di Stato Usa, John Kerry, che ha anche chiesto ad Ankara le prove del presunto coinvolgimento dell’imam.

Scongiurato uno scenario di caos e guerra civile in Turchia, è fondamentale che adesso vengano rispettati il diritto e le regole della democrazia come richiesto da tutti i Paesi alleati, a cominciare dagli Stati Uniti e dall’Unione Europea. E’ questa, secondo fonti di Palazzo Chigi, la posizione italiana frutto dei colloqui tra il premier Matteo Renzi e i ministri competenti.

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