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Agnelli: “Con Allegri ottimo rapporto ma finisce un ciclo. Allegri:”divergenze professionali”

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Andrea Agnelli e Massimiliano Allegri insieme in conferenza stampa per spiegare le motivazioni che hanno portato alla separazione dopo 5 anni insieme

Cinque stagioni vissute al massimo tra scudetti, Coppa Italia e Supercoppa italiana vinte e due Champions League solo sfiorate. Massimiliano Allegri e la Juventus si dicono addio, di seguito le motivazioni raccontate in toto dal presidente Agnelli e da Allegri, attraverso l’odierna conferenza stampa. 

LE PAROLE DI AGNELLI IN APERTURA

AGNELLI- «Non risponderà a nessuna domanda sull’allenatore della prossima stagione. Oggi sono qua personalmente per celebrare Max Allegri, un allenatore che da solo ha scritto la storia della Juventus. Fino a oggi si parlava della Juve del quinquennio e degli anni 30, lui ha vinto cinque titoli da solo. Mi ricordo quando a maggio 2013 stavamo andando a vedere la finale di Champions tra Bayern e Dortmund, nello stesso albergo c’era Allegri e dissi a Paratici che sarebbe potuto diventare l’allenatore della Juve. Aspettammo 14 mesi, poi venne alla Juventus tra le contestazioni generali. Dimostrò di aver grandissimo coraggio e attributi».

NUMERI ALLA MANO- «I numeri parlano per lui come vittorie e titoli conquistati. Numeri incredibili, per me sono stati cinque anni bellissimi tra affetto, stima, amicizia, condivisione, lavoro, fatica e tante tante vittorie. Abbiamo anche vissuto da vicini di casa per un anno e mezzo, poi le cene piacevolissime per condivisione di Juventus e vita. In questo percorso la cosa che mi rende più orgoglioso è quello che penso di aver trovato un amico sincero con cui potermi confidare e confrontare su tanti argomenti».

IL MOMENTO PER CHIUDERE- «Ero convinto di andare avanti con Allegri, ero sincero dopo la partita con l’Ajax. Poi ci sono state delle analisi da parte di tutti, Allegri in primis, che dimostrano l’intelligenza di un gruppo per il bene societario. Con un po’ di tristezza credo sia arrivato il momento giusto per chiudere un ciclo, uno dei più vincenti della storia della Juventus. Grazie Max per tutto quello che hai fatto».

SUI REALI CAMBIAMENTI- «Al di là della dietrologie scritte, è passato un mese di analisi e riflessioni che hanno portato a capire che il ciclo era arrivato alla sua naturale conclusione. Non c’è stato un fatto che ha portato a questa decisione, abbiamo tutti deciso di chiudere con un successo questo ciclo. Inutile trascinarsi avanti».

TIFOSI DECISIVI?- «No, gestendo aziende bisogna saper prendere le giuste decisioni al momento giusto. Solo il futuro saprà dirci se è la scelta migliore e corretta. Noi viviamo una realtà all’interno e ci fidiamo di quello, chi non è dentro non potrà mai avere tutti gli elementi per sapere perché vengono fatte certe scelte. A me non piacciono gli yesman, voglio personaggi forti che sappiano avere una loro opinione».

SUL MOMENTO DELLA DECISIONE- E’ stato un percorso, una riflessione maturata affrontando determinati temi. Nell’interesse di tutti è la decisione migliore per la Juventus. La società ha una sua storia in cui siamo tutti utili, ma nessuno è indispensabile a partire da me.

LE PAROLE DI ALLEGRI

ALLEGRI- «Ringrazio il presidente e i ragazzi per quello che hanno fatto e mi hanno dato, quelli di quest’anno e tutti gli altri. Ci siamo tolti tante soddisfazioni, lascio una squadra vincente che ha le potenzialità per ripetersi in Italia e fare un grande Champions. Quest’anno purtroppo non siamo riusciti ad arrivare in fondo in Europa. Abbiamo discusso e ho espresso il mio parere sul bene della Juventus per il futuro, la società ha fatto le proprie considerazioni e ha fatto le proprie scelte. Questo non cambia nulla, i rapporti con la società sono e restano ottimi».

SUI FESTEGGIAMENTI- «Ora abbiamo due cose da festeggiare allo Stadium: lo scudetto e l’addio di Barzagli, che lascia. Deve essere una bellissima serata in cui festeggiare cinque anni straordinari».

SUI CONDIZIONAMENTI ESTERNI- «La prendo tranquillamente, nei rapporti professionali ci si può dividere. Io non ho chiesto anni di contratto, rivoluzioni, giocatori. Non ne abbiamo mai parlato, non ci siamo nemmeno arrivati. E’ arrivato il tempo giusto per dividersi. Sono contento ed emozionato, ma ora dobbiamo festeggiare. La Juventus ripartirà l’anno prossimo nel migliore dei modi».

DETERMINANTE IL GIOCAR MALE- «Non ha pesato questa cosa, è sempre stato un dibattito aperto con tutti. Alla fine di tutto contano gli obiettivi raggiunti, alla Juventus devi vincere e anche quest’anno l’abbiamo fatto. Il giocare bene o male dipende da tanti fattori, ma il risultato condiziona ancora di più. Io da allenatore dovrò sempre analizzare la prestazione e non il risultato, che però senza prestazioni non arriva. Il calcio è anche strategia, non sempre si può giocare bene, spesso lo scudetto lo vinci conquistando le partite giocate male che fanno la differenza a fine anno. Se uno si accontenta di uscire dal campo dicendo “abbiamo giocato bene, ma abbiamo perso” non fa per me.

SUI VALORI DEL CALCIO- «Nel calcio si deve vincere le partite. Le grandi partite le vincono le grandi difese, il Real a Cardiff ha difeso meglio di noi. Io a 52 anni non ho ancora capito cosa voglia dire “giocare bene a calcio”. Nella vita ci sono le categorie: chi vince, chi perde, chi retrocede e chi no. Se uno non vince mai ci sarà un motivo! Ora va di moda la teoria, non ci sono più i mestieranti. Guardate Cellino, è andato a Brescia e lo ha riportato in Serie A subito, perché è più bravo degli altri».

PARTE INTEGRANTE DEL PROGETTO- «In questi cinque anni sono sempre stato coinvolto nelle decisioni della società. Non sono mai stato uno yesman, ma sono sempre stato parte del discorso nelle varie problematiche. Nelle società così grandi l’allenatore deve essere a conoscenza di tutte le problematiche, poi a me le cose nuove interessano sempre e non mi piaceva essere ridotto a dare solo la formazione».

JUVENTINO DA SEMPRE- «Da quando sono qui sì, ma lo ero anche da piccolo quando avevo il poster di Platini. Significa far parte di una famiglia che ha un Dna ben preciso che insegna molto e cresce. Qui impari disciplina e cultura del lavoro, sono stati cinque anni di grande insegnamento in cui sono cresciuto».

RAPPORTO CRITICO CON I TIFOSI?- «Non me lo sono domandato perché i tifosi sono sempre stati molto calorosi e mostrato stima e affetto».

SUL FUTURO- «Ora come ora penso solo a festeggiare. Magari una pausa mi farebbe anche bene, poi a metà luglio magari avrò voglia di lavorare. Avrò la serenità di valutare le situazioni proposte e valuterò, altrimenti prenderò un anno più lungo dedicandomi del tempo».

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