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Bielorussia, ancora proteste contro Lukashenko. Il Presidente mette l’esercito in stato di allerta

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Nuova giornata di proteste dell’opposizione oggi in Bielorussia contro il presidente, Alexander Lukashenko, per chiederne le dimissioni. Decine di migliaia di persone sono scese in piazza a Minsk; la cosiddetta “Marcia per la nuova Bielorussia” è stata preceduta dal concentramento in Piazza dell’Indipendenza dove un gruppo di donne ha manifestato contro le violenze della polizia. Le autorità hanno messo in guardia la popolazione dal partecipare a “manifestazioni illegali” e agenti anti-sommossa con manganelli e cannoni ad acqua sono stati visiti dirigersi verso Piazza dell’Indipendenza. Quattro stazioni della metropolitana sono state chiuse e la polizia ha fatto sapere che difenderà i memoriali della Seconda guerra mondiale, definiti “luoghi sacri”.

Lukashenko, al potere da 26 anni, ha intanto ordinato all’esercito di difendere l’integrità territoriale del Paese e ha ordinato la chiusura delle imprese che da domani sciopereranno. Il presidente, apparso in mimetica a Grodno vicino al confine polacco, ha messo l’esercito in stato di allerta, chiamando i suoi alla “difesa della nazione”. Ha poi denunciato, come aveva già fatto domenica scorsa, l’azione di forze e potenze straniere nel suo paese e pressioni da parte delle forze Nato, obbligando l’alleanza atlantica, come già la settimana scorsa, a smentire di aver concentrato truppe al confine bielorusso.

La sua sfidante alle elezioni bielorusse, Svetlana Tijanovskaya, ha annunciato che intende tornare nel suo Paese e avviare un dialogo con il presidente per risolvere l’attuale crisi politica una volta che avrà liberato tutti i prigionieri politici, compreso suo marito. “Penso che sarà il momento in cui tornerò e starò con mio marito e la mia gente. Se è necessario dialogare con Lukashenko non vedo perché non dovrei farlo” ha dichiarato la Tijanovskaya dalla Lituania dove si trova dopo aver lasciato il Paese.

La protesta si svolge a due settimane dalla contestatissima elezione del 9 agosto scorso che ha consegnato a Lukashenko il sesto mandato presidenziale consecutivo: elezioni, vinte con oltre l’80% dei voti, che l’unione europea ha dichiarato ufficialmente di non riconoscere.

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