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Hikikomori: cos’è, come riconoscerlo e curarlo

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“Hikikomori” in giapponese significa “stare in disparte” e colpisce più adolescenti (anche italiani) di quanto si possa immaginare. Le cause di questa sindrome sono molteplici. Cos’è, come riconoscerlo e curarlo lo abbiamo chiesto a Valentina Di Liberto, responsabile della Cooperativa Sociale Onlus Hikikomori con sede a Milano. 

In cosa consiste la sindrome Hikikomori, quali sono i sintomi e cosa si può fare per aiutare una persona a rischio?

“È un fenomeno che viene dal Giappone e si è strutturato lì verso la fine degli anni ’80. Si parla in genere di adolescenti che decidono di abbandonare la scuola e autorecludersi volontariamente nella propria stanza per un periodo di almeno sei mesi. Sono dei ragazzi che tendono a sviluppare nel tempo fobie sociali o scolari, hanno difficoltà a gestire le emozioni e l’ansia anche a seguito di una serie di aspettative eccessive da parte dei genitori, e a volte degli insegnanti sul rendimento scolastico. In genere, sono dei ragazzi che nella prima fase della loro vita possono essere studenti modello, quindi molto intelligenti e sensibili, che sono vissuti in un contesto familiare iperprotettivo. Questo coincide spesso con una fase dello loro vita molto delicata, verso i 13 – 14 anni, ovvero quando si verifica un passaggio importantissimo anche di crescita personale. Un’altra fase in cui potrebbe presentarsi la tendenza al ritiro sociale negli adolescenti è verso i 17-18 anni in concomitanza con l’ultimo anno delle scuole superiori”.

Parla dell’adolescenza?

“Effettivamente in quel momento c’è una fase molto critica dove il passaggio alla fase dell’adolescenza diventa anche un passaggio di messa in discussione, di costruzione della propria identità, di sperimentazione, confronto con i pari. La paura del giudizio altrui, il non sentirsi adeguati verso i modelli sociali o estetici, l’eccessiva competitività della nostra società sono tutti fattori che possono portare questi ragazzi ad una vera e propria crisi, al non sentirsi integrati nel sistema. Inoltre, fenomeni di bullismo presenti a scuola possono generare nel ragazzo forti disagi che portano all’isolamento e all’abbandono scolastico.
In quella fase i ragazzi possono avere come un blocco e sviluppare dei sintomi anche somatici: mal di testa, mal di pancia prima di andare a scuola. Hanno difficoltà a reagire e ad esprimere la rabbia quando subiscono delle angherie da parte dei bulli presenti in classe, tendono ad autoescludersi dal gruppo. Questo perché in genere sono dei ragazzi abbastanza timidi e a volte hanno delle difficoltà a relazionarsi con gli altri”

Quindi solo questo tipo di ragazzi è a rischio? 

“No, ci sono anche altre tipologie di ragazzi che invece, proprio in virtù di questo modello di approvazione e valorizzazione da parte dei genitori, crescono con un’immagine ideale di sé stessi (Sé ideale) che nel momento di confronto con la realtà e con l’eventuale fallimento genera frustrazione e mette in luce la loro fragilità narcisistica”.

E’ un errore demonizzare l’uso dei Pc, dei videogiochi o dei social o è giusto farlo?

“In genere questi ragazzi tendono a rifugiarsi nel mondo virtuale dei videogiochi e di internet quando hanno stati di sofferenza e di disagio molto forti. I genitori spesso tendono a demonizzare l’uso del Pc o del videogioco non rendendosi conto che il problema purtroppo non è il Pc o il videogioco in sè stessi, ma il disagio profondo che sta sviluppando il ragazzo. Come se il gioco fosse l’elemento da eliminare per ripristinare la situazione precedente, in realtà, questo non avviene o potrebbe essere controproducente perché può scatenare nei ragazzi reazioni aggressive molto forti causando situazioni di conflittualità”.

In pratica quali sono i segnali a cui fare attenzione?

“Quando il genitore comincia a vedere dei segnali di isolamento come ad esempio rifugiarsi in camera su Pc e internet. Quando il ragazzo non vuole più uscire con gli amici, manifesta una chiusura, perde motivazione e interesse verso il mondo esterno e le attività scolastiche, comincia ad assentarsi da scuola, ad avere spesso fenomeni di mal di testa, mal di pancia prima di andare a lezione, oppure tende a rimanere sveglio la notte e la mattina fa fatica ad alzarsi. Tutti questi elementi e anche uno stato di umore basso (tendente alla tristezza, un po’ alla depressione) sono elementi che possono far preoccupare un genitore”.

Quindi una sindrome da non sottovalutare e che forse non è solo dei giorni nostri. Ad esempio, se Giacomo Leopardi fosse vivo oggi, con le tecnologie attualmente a disposizione, i social, la realtà virtuale, con una società frenetica come quella attuale sarebbe a rischio “nuove dipendenze”?

“Sì, potrebbe essere a rischio di ritiro sociale. Questo perché rientra un po’ nella “psicologia Leopardiana”. Leopardi era una persona molto introversa, sensibile, probabilmente aveva problemi di accettazione del proprio corpo, non si vedeva bello, esteticamente piacevole, per cui sicuramente lui tenderebbe a usare internet per comunicare con altre persone che hanno la stessa sensibilità, non mettendo in gioco la propria fisicità. Però, secondo me, utilizzerebbe molto la sua passione e la sua creatività per produrre, per creare qualcosa di innovativo attraverso gli strumenti digitali”.

A chi possono rivolgersi le famiglie in difficoltà?

“Possono chiedere l’ aiuto di un esperto per capire cosa sta succedendo e per aiutare il ragazzo ad affrontare questo disagio prima che inizi il percorso di ritiro sociale, che potrebbe portarlo all’autoreclusione”.

Sito: www.centro-hikikomori.it

Telefono: 3891278291

E-mail: hikikomori.coop@gmail.com

 

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